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Marmo bianco

Alt. lato abaco max 53 cm; diam. inf.33 cm; alt. tot 47 cm, foglia d'acanto 16 cm metà II d.C.


Scheda opera

Capitello corinzieggiante figurato con motivo di delfini

 

Capitello di colonna corinzieggiante figurato che presenta al centro del kalathos il motivo dei due delfini in posizione speculare e andamento curvilineo, con il muso rivolto verso il centro in basso dove si trova una kantharos, nella quale sembrano abbeverarsi. Al centro abbiamo quindi lo schema calicetto – vaso baccellato – tralci vegetali che proseguono verso l’abaco; mentre al di sotto il kalathos è decorato da una corona d’acanto dalle foglie frastagliate e costolatura centrale, alternate a foglie d’acqua lanceolate con terminazioni che dovevano essere arrotondate e leggermente ripiegate verso l’esterno, oggi scheggiate.

Nel nostro esemplare, se pur molto rovinato per le parti mancanti e la superficie abrasa dalla lunga esposizione, è facilmente riconoscibile questo motivo decorativo con l’eleganza del corpo dei due delfini che rappresentati quasi a tutto tondo con il loro movimento sembrano sostituire i calici e le elici con le volute, andando a sostenere le estremità dell’abaco.

Già dalla prima età imperiale diviene frequente l’inserimento di elementi figurativi nell’ornato vegetale dei capitelli e i delfini trovano larga diffusione nelle decorazioni architettoniche in modo particolare nel II d.C. e soprattutto in età adrianea, come mostrano alcuni esemplari rinvenuti in siti archeologici. Inoltre si è potuto constatare che la presenza di questo elemento decorativo è legato ad ambienti ed edifici con presenza di acqua.

Così gli splendidi esemplari rinvenuti nel 1999 durante gli scavi per la realizzazione della rampa di accesso al parcheggio del Gianicolo a Roma e oggi conservati nella sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps (inv. 475830-475838), sarebbero stati destinati a decorare un settore residenziale di rappresentanza degli horti di Agrippina. In questi esemplari compare il tridente ed è possibile vedere la completezza del corpo del delfino che sostituendo la voluta, sembra sostenere l’abaco.

Altri esemplari vicini al quello in esame sono stati rinvenuti nell’Edificio a Tre Esedre all’interno di Villa Adriana a Tivoli, considerato uno dei più importanti complessi monumentali del sito archeologico per le sue decorazioni architettoniche e la preziosità dei materiali. Ancora discussa è la comprensione esatta della sua funzione in antico: superata l’idea che si possa trattare di una sala da banchetto all’aperto, si preferisce considerarlo un monumentale vestibolo, non tanto destinato alla meditazione-passaggio, quanto alla funzione di collegamento con lo Stadio e il Palazzo d’Inverno e di utilizzo destinato alla frequentazione dell’imperatore.

In questo monumento dai molteplici percorsi, sia reali che visivi, i giochi d’acqua e gli ambienti raffinati, furono rinvenuti capitelli di colonna e di lesena con motivo a delfini che si abbeverano ad una kantharos.  

Questi capitelli risultano di notevole complessità ed esprimono in modo evidente quello che i romani chiamavano publica magnificentia, dove la varietà, l’accuratezza, l’attenzione al dettaglio divengono espressione tangibile del potere imperiale. In questi esemplari la kantharos è coperta dalla foglie lanceolate, mentre in quello in esame è ben visibile, dalla forma a calice e baccellata.

Maggiori somiglianze si possono notare nel capitello conservato presso lo Schloss Fasanerie del II d.C. e proveniente dall’Italia.

Affiancando i due esemplari si nota la somiglianza nel trattamento della foglia d’acanto dai lobi frastagliati, costolatura centrale, svasata e leggera concavità nella foglia. Nell’esemplare di Collezione M le foglie d’acanto della prima corona sono tutte identiche, non si differenziano tra le centrali e le angolari, e sono alternate a foglie lanceolate con incisione centrale, tra queste si impostano le volute con nastro vegetalizzato.

Entrambi hanno una kantharos centrale più particolareggiata nell’esemplare tedesco, su cui converge la coppia di delfini che con muso prominente poi si allungano sotto l’abaco curvando la parte terminale delle code. L’esemplare tedesco ci mostra come doveva completarsi il nostro esemplare mancante delle parti angolari. Anche l’elemento vegetale centrale si semplifica nell’esemplare di Collezione M., in uno stelo con coppia di fogliette.

Nulla si può dire della modanatura dell’abaco o della presenza del fiore dell’abaco, per l’ampia frattura presente.

In base ai confronti fatti se pur nelle diverse rese formali, si può arrivare a collocare cronologicamente il nostro esemplare nella seconda metà del II d.C. e inquadrarlo tra quei capitelli figurati che meglio espressero le capacità artistiche e artigianali dell’architettura romana nel periodo del fasto imperiale.