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Marmo bianco

Alt. 48, prof. 23, largh. 46 cm.

250-280 d.C.


Scheda opera

Protome di leone

Protome di leone che presenta la superficie con piccole scheggiature ed è mancante la parte superiore della chioma e la parte inferiore dell’anello posto tra le fauci. In antico apparteneva alla decorazione della fronte di un sarcofago a vasca e poi, venne riutilizzata, probabilmente tra il XVI e il XVIII sec., come mascherone di fontana; infatti presenta un foro nelle fauci. A Roma esistono ancora molti esempi di questo tipo di rimpiego, come presso le Catacombe di San Callisto e a Largo di Porta Cavalleggeri1.

Secondo l’iconografia comune, il muso del leone dalla criniera lussureggiante, mentre stringe tra le fauci gli estremi di un anello, doveva prorompere fiero dalla superficie di un sarcofago in tutta la sua fierezza. La criniera è trattata a ciocche plastiche ben delineate, che disponendosi in modo ordinato, incorniciano il muso dell’animale senza però soffocarlo: i ciuffi che scendono dalle tempie riprendono in maniera ornamentale il motivo curvilineo delle guance. Il muso molto largo è reso in modo espressionistico con masse pronunciate e aggettanti non ancora fortemente geometriche: il naso è allargato, l’occhio è sferico con l’iride circolare incisa ed evidente presenta la caruncola lacrimale; potentemente contratti sono i muscoli corrugatori della fronte, così le sopracciglia gonfie sono arricchite da piccoli ciuffetti di peli, in parte abrasi.

Il nostro esemplare sembra, quindi, adeguarsi ai canoni estetici cui è soggetta la plastica romana del III secolo d.C.: il dissolversi della struttura organica in una visione a volumi dissociati, in cui le superfici vengono costruite in funzione del loro effetto decorativo ed espressionistico, soprattutto mediante un progressivo uso del trapano, col quale è appunto possibile arricchire la superficie di giochi luministici.

Inoltre, i sarcofagi paleocristiani con protomi o figure di leoni in azione di caccia, segnano un momento puntuale nell’ambito della plastica romana del III secolo d.C. Elemento in comune è il luogo di produzione che viene individuato per questi sarcofagi a Roma e la loro diffusione è limitata alla zona dell’Urbe, salvo rare eccezioni, quali i ritrovamenti a Tipasa e a Tarragona, dove si tratta di esportazione e non di produzione locale.

Altra caratteristica in comune è la cassa che assume la forma particolare di vasca, una ληνóς, dai fianchi arrotondati. Essa costituisce una precisa scelta, quale espressione di tematiche greco-mitologighe: la lenòs, in latino lacus, infatti richiama il culto dionisiaco riportando alla memoria il tino per pigiare l’uva e la presenza delle protomi leonine si giustifica poiché il succo dell’uva defluiva all’esterno attraverso le fauci. Inoltre il leone è un’animale frequentemente rappresentato nel corteggio di Dioniso.

Inizialmente sui sarcofagi troviamo le protomi leonine a fauci aperte (senza anello), e poi avremo altri due tipi di decorazione: 1) le protomi che stringono un anello nelle fauci (come il nostro esemplare) con un impoverimento semantico della figura ed un progressivo avvicinarsi ad una funzione semplicemente decorativa; 2) il gruppo del leone con la vittima, elemento nuovo sia nell’aspetto decorativo sia nella simbologia.

A questo aspetto dell’iconografia del leone, si aggiunge la valenza simbolica che giustifica l’associazione lenòs-sarcofago: come nel tino l’uva viene pigiata e distrutta per produrre una nuova realtà, il vino, così il defunto deposto è destinato a superare il disfacimento della morte e a raggiungere una nuova dimensione. Lo sgorgare della nuova vita, simboleggiata dal vino, è indicato dalle protomi di leone per la loro evidente funzione di colatoi.

La protome leonina assume, poi, anche un significato apotropaico per il timore che incute l’animale nella duplice accezione di allontanare eventuali profanatori del sepolcro e di mostrare rispetto per il sacro mistero della morte. In ambito cristiano la presenza del leone si arricchisce di significato simbolico allegorico, assumendo la funzione demoniaca di allontanare il credente dalla vera vita, quella dello spirito e, quindi, dalla liberazione e salvezza per chi affronta coraggiosamente la morte; la presenza del buon pastore o dell’orante al centro di molti sarcofagi viene a sottolineare tale significato.

Analizzando il nostro esemplare più da vicino bisogna osservare che l’iconografia della protome di leone che stringe un anello nelle fauci, costituisce, come abbiamo detto, uno sviluppo di quella con le fauci aperte. Il problema del significato che l’anello assume in tale contesto è stato affrontato da Goodenough6 e da Chiarlo, osservando che la testa di leone o di altro animale che stringe tra le fauci un anello fu molto usata in ambiente mediterraneo e specialmente in Grecia e in Egitto, soprattutto in contesti funerari e come battente di porte dei templi: l’anello potrebbe indicare, per la sua forma, l’eternità, come il vino è la vita eterna che scorre. Chiarlo ribadisce che le protomi con anello perderebbero la loro funzione di colatoi, assumendo valore semplicemente decorativo e non simbolico. L’anello potrebbe essere la semplice riproduzione di un oggetto funzionale, fatto per spostare la cassa funebre, o solo il ricordo di tale elemento, ora con pura funzione decorativa, poiché scolpito nel pesante blocco di marmo e di dimensioni ridotte.

Confronti stilistici con altre protomi su sarcofago e la presenza dell’anello orientano per il nostro esemplare, verso una datazione nella seconda metà del III d.C., tra il 250 d.C., data possibile per l’inizio di diffusione di tale iconografia, e il 280 d.C. per la presenza di alcuni elementi ancora naturalistici nella resa del muso dell’animale e per una generale compostezza della forma.

 

BIBLIOGRAFIA di RIFERIMENTO:  

Angiolini Martinelli P., I sarcofagi paleocristiani con figure o protomi leonine, in “Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina”, 19, 1972, p.7-21; Brizzi B., Le fontane di Roma, Roma 1998: esempi di fontane con riutilizzo di protome leonina: p.179, fig.79; p.184, fig.90; p.191, fig.103; p.204, fig.133; p.234, fig.200; Chiarlo C. R., Sul significato dei sarcofagi a lenòs decorati con leone, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, 4,4, 1974, pp.1307-1345; Goodenough E. R., Jewish Symbols in the Greco-Roman Period, New York1958-1964, vol. 7, pp. 60-66; Rodenwaldt G., Römische Löwen, in “La Critica d’Arte”, 1936, p. 225 ss.; Scerrato U., Su alcuni sarcofagi con leoni, in “Archeologia Classica”, 4, 1952, p.259-273; Stroszeck J., Löwen-Sarkophage, Berlin 1998: ampio repertorio, con confronti e ricca bibliografia