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148 x 218 cm
Olio su tela


Scheda opera

Giudizio critico

Il sogno di Giacobbe

Il soggetto

In questa tela è raccontato l’episodio del sogno fatto da Giacobbe come riportato nell’Antico Testamento. Vi si narra appunto la storia del figlio di Isacco, conosciuto anche come Israele, colui che darà il proprio nome al popolo ebraico. Datosi alla fuga per aver privato il fratello Esaù della primogenitura e fermatosi a riposare all’aperto, appoggiò la testa su una pietra; addormentatosi ebbe uno strano sogno:

 “Ed ecco una scala rizzata in terra, la cui cima giungeva al cielo; e gli angioli di Dio salivano e scendevano per essa. Ed ecco il Signore si presentava a lui e diceva: …..Io sono teco, e ti guarderò dovunque tu andrai, e ti ricondurrò in questo paese…” (Genesi XXVIII, 12-17).

Si tratta di una tematica molto popolare e oggetto di grande venerazione dato il suo significato di dialogo diretto fra l’uomo e Dio. Un soggetto iconografico rimasto sempre vivo attraverso le varie epoche considerata l’attenzione riscossa dai molti artisti che si sono dedicati alla rappresentazione di questo episodio.

 


Il dipinto

Giuliano Briganti ha attribuito l’opera a Daniele Seiter (comunicazione scritta del 24 maggio 1991), pittore di origini austriache ma che in Italia si perfezionò professionalmente grazie all’apprendistato nella bottega di Carlo Loth e ad una lunga permanenza nella penisola che ebbe modo di visitare a fondo nei suoi luoghi più importanti e suggestivi come Firenze, Roma, la Lombardia,l’ Emilia e infine Torino, dove risiedette più a lungo, grazie al contatto diretto con la corte sabauda avvenuto attorno al 1687.

Quest’opera è ascrivibile al suo periodo di massima maturità artistica, vista la presenza di elementi riferibili alla cultura bolognese tardo seicentesca, in particolare del Cantarini o del Cignani, soprattutto nelle forme anatomiche del corpo di Giacobbe, mentre reminescenze di una luce di impronta veneta caratterizzano il paesaggio di fondo.

Il Seiter riesce ad armonizzare insieme elementi provenienti da diverse origini culturali, in uno stile composito estremamente spontaneo che riflette il gusto del maturo barocco romano.

Il dipinto può quindi collocarsi cronologicamente attorno alla fine del nono decennio del Seicento come si evince dal confronto con alcuni dei lavori decorativi eseguiti nel Palazzo Reale, di Torino, nello specifico il grande affresco raffigurante Vittorio Emanuele II accolto nell’Olimpo, che decora la volta della galleria detta “di Daniele”.